Pūjā significa letteralmente: onorare, rispettare, venerare; e con essa s’intende solitamente l’atto con il quale si omaggia, invita ed attiva, una potenza divina.
Ogni divinità indiana incarna una pulsione dell’inconscio, è quindi fondamentale conoscerne le funzioni perché l’omaggio sacramentale ne attiva le cartterisriche in maniera cosciente. Una volta approfondito il potere insito in una divinità, e avendo creato un altare (vedi prefazione su Vāstu Vidyā), o con un’immagine (pratimā) o con una statua (mūrti), sei sono le cose principali da rispettare: upacāra (azioni rituali), kāṣṭhā (punti cardinali), pañca amṛta (sostanze rituali), nyāsa (istallazione nel corpo), yantra (schemi cosmici), mantra (formule sacre). Gli upacāra sono le azioni da compiere durante la pūjā e sono sedici (ṣoḍaśaḥ upacāra):
- āvāhanam: s’invoca la divinità;
- āsanam: la si invita a risiedere sull’altare;
- pādyam: le si bagnano i piedi;
- ārghyam: le si dà da bere;
- ācamanam: formule di purificazione;
- snānam: bangno rituale della divinità;
- vasthram: vestizione;
- yagnyopāvītram: si offre il filo sacro alla divinità (a quelle tantriche no);
- śrī gandham: si offre pasta di legno di sandalo;
- alaṅkāram: offerta delle sacre polveri (khumkhum, bhasma e curcuma);
- puṣpam: offerta di fiori in base a quello più gradito alla divinità, per quelle maschili è prevista un’offerta semplice, mentre per quelle femminili è si attua la vestizione rituale con i fiori;
- dhūpam: offrire incensi e profumi;
- dīpam: accensione della luce;
- naivedyam: offerta del cibo più caro alla divinità;
- tānbūlam: offerta di foglie aromatiche;
- nīrājanam: offerta della luce in movimento.